Il 28 settembre 2022 si è svolta la prima edizione italiana del Forum di medicina narrativa. Un evento online che ha visto la partecipazione attiva del board scientifico della SIMeN – Società Italiana Medicina Narrativa, di numerosi relatori afferenti a diverse aree professionali della sanità e di un pubblico di addetti ai lavori, e non solo, che è intervenuto attraverso domande e spunti di riflessione. In totale circa 300 persone riunite per discutere con coinvolgimento e passione di potenzialità, prospettive, valori e rischi della medicina narrativa. Ecco com’è andata.
Cos’è la medicina narrativa? Cosa le impedisce di diventare un metodo strutturale nel percorso di cura? Quali le sue potenzialità e i rischi? È corretta l’espressione medicina narrativa o sarebbe auspicabile parlare di sanità narrativa? Queste sono solo alcune delle domande a cui il dibattito ha cercato di dare — se non delle risposte esaustive — quanto meno degli spunti di partenza per avviare un cambiamento nell’approccio alla cura del paziente e alla valorizzazione dei professionisti sanitari.
Narrazione: il punto focale della metodologia
Il consulto medico è già di per sé una narrazione che presenta da una parte il vissuto del paziente e dall’altra la valutazione clinica del professionista. Ciò che fa la differenza è la capacità di ascolto di chi deve prendersi cura dell’assistito: un atteggiamento che deve essere necessariamente empatico per creare un rapporto umano, prima ancora che medico-paziente, basato sulla fiducia reciproca.
Benefici dell’applicazione della medicina narrativa nella pratica clinica
Sono noti i benefici della medicina narrativa sia per il paziente che per i clinici.
Benefici per il paziente:
- Maggiore attenzione e aderenza terapeutica
- Migliori condizioni di vita reali e percepite
- Fiducia nel percorso terapeutico intrapreso
- Confronto costruttivo, continuo e sereno dato dall’alta qualità del dialogo
Benefici per i clinici:
- Maggiore livello di soddisfazione professionale e, di riflesso, personale
- Migliore qualità dei servizi sanitari erogati ai pazienti
- Minori contenzioni dovuti alla conflittualità derivante da una comunicazione di scarsa qualità. Di conseguenza, il clinico svolge un lavoro più accurato e sereno.
Quelli appena elencati sono effetti positivi della medicina narrativa riconosciuti come evidenze del metodo. Cosa manca affinché siano istituzionalizzati e dunque integrati nella pratica quotidiana delle molteplici realtà sanitarie italiane? Secondo diversi relatori la causa è da ricercare in determinati parametri produttivi:
- Mancanza di tempo
- Assenza di misuratori scientifici
- Psicologizzazione della narrazione
- Scarso uso di strumenti digitali
Vediamo più in dettaglio i limiti e le relative possibili risposte.
Mancanza di tempo
Nella pratica clinica la visita medica deve durare 15-20 minuti, un tempo insufficiente per creare un rapporto umano medico-paziente, o paziente-personale clinico multidisciplinare, basato sulla fiducia.
Possibile risposta
Un dialogo libero da limiti temporali sarebbe fondamentale per integrare il necessario percorso clinico a uno personalizzato perché basato sulla conoscenza del contesto familiare, sociale e ambientale del paziente. Maggiore tempo dedicato all’ascolto si tradurrebbe in minori errori di valutazione, minori prescrizioni di farmaci per riparare agli errori, minore stress, minori sprechi.
Assenza di misuratori scientifici
La narrazione dell’assistito non è un mero parlare ma un esternare la propria condizione di persona che convive (più o meno a lungo) con una malattia. Attualmente la qualità del dialogo dipende dall’empatia del personale clinico e dalla sua capacità di estrapolare dati di valore dai racconti dei pazienti.
Possibile risposta
Perché il metodo della medicina narrativa possa istituzionalizzarsi è necessario dimostrarne i benefici a tutti gli interlocutori – sanitari, farmacisti, medici, manager, pazienti, stakeholders – attraverso parametri metrici scientifici. Per definirli, sarebbe auspicabile individuare un gruppo ristretto di associazioni (da cui si avrebbe una collaborazione più attiva e veloce) con cui avviare un percorso di introduzione attiva e sistematica del metodo riportandone i risultati comuni.
Psicologizzazione della narrazione
Il rischio che si corre con l’approccio narrativo alla cura è la psicologizzazione della narrazione, cioè la tendenza di alcuni medici di far diventare tutto psicosomatico.
Possibile risposta
Il clinico non deve perseguire solo la filia – vicinanza umana al paziente – e il logos – inteso come dialogo costruttivo – ma formarsi per maturare sempre maggiori e migliori capacità professionali che scongiurino, per esempio, la psicologizzazione. Per far fronte a questa necessità, molte Università italiane hanno all’attivo master e percorsi di studio per dare al personale clinico strumenti appropriati e una mirata educazione all’empatia.
Scarso uso di strumenti digitali
Oltre che un metodo, si può definire la medicina narrativa un linguaggio trasformazionale perché capace di trasformare la relazione paziente-professionisti sanitari. Con la medicina narrativa la parola diventa uno strumento a sostegno della cura. Il racconto delle persone assistite fornisce informazioni che a un orecchio attento, formato e allenato diventano dati di studio capaci di inserirsi nella ricerca scientifica, di per sé fallibile e migliorabile.
Possibile risposta
Come dare valore clinico alla narrazione? Usando gli strumenti digitali, per esempio. Un modo è quello sperimentato da LICE (Lega Italiana contro le epilessie) con il Progetto EPIMENA che prevede due fasi. Nella prima, le persone che hanno ricevuto la diagnosi di epilessia accedono a una piattaforma digitale in cui riportano la propria esperienza in maniera libera o seguendo alcuni stimoli narrativi. I pazienti hanno accolto con entusiasmo il nuovo strumento tecnologico, specie durante il lockdown per la pandemia Covid-19. In un secondo momento, gli epilettologi raccolgono le narrazioni prodotte dai pazienti e le studiano per evidenziarne i tratti ricorrenti. In questo modo emergono informazioni utili sia per la singola persona che per la comprensione della malattia. Il punto debole, ancora una volta, è la poca disponibilità di tempo dei medici.
Spunti e conclusioni
Dal Forum di medicina narrativa sono emerse altre importanti riflessioni sulla Farmacia narrativa e la Sanità narrativa. Due stimoli per ampliare il dibattito ad altri attori della sanità in modo che non solo il paziente ma anche i clinici – medici e professionisti sanitari di estrazione multidisciplinare – possano creare insieme una nuova realtà della cura. Una realtà in cui la competenza professionale sia integrata e inscindibile da competenze narrative corroborate da parametri scientifici. È quello che si sta sperimentando in Piemonte con il progetto pilota DAIRI su medicina narrativa e istituzioni.
Tanto è stato fatto e tanto ancora c’è da fare e, assicura il board scientifico della SIMeN, la prima edizione italiana del Forum di Medicina Narrativa è stata solo la prima occasione di confronto.