Tra i contenuti più letti di Scrivere di salute ce n’è uno risalente a marzo 2015: l’intervista al medical writer Tiziano Cornegliani. In otto anni, l’interesse per questo articolo sembra essere costante, se non aumentato. Perché? Cosa suscita tanto interesse verso la professione del medical writer? Ho chiesto a Tiziano Cornegliani se volesse concedermi una seconda intervista per indagare il tema e lui, da professionista e persona disponibile qual è, ha subito accettato. Ne sono molto lieta.
Ciao Tiziano e bentornato su Scrivere di salute. Andiamo immediatamente al punto: a otto anni di distanza, la tua intervista resta tra i contenuti più letti del mio blog. È un caso o anche tu, nella tua quotidianità professionale, hai notato un aumento di interesse verso la professione del medical writer?
Ciao Maria Grazia, e grazie per il tuo invito. Mi fa molto piacere che quell’intervista sia stata letta così tante volte, da così tanti visitatori del tuo blog. È un segnale di grande interesse per la figura del medical writer. Anch’io, in effetti, ricevo numerose mail di giovani medici che mi chiedono informazioni su questa professione. Spesso sono delusi, frustrati o stressati dal loro lavoro in corsia e pensano a una soluzione alternativa.
Ed è così? Per un medico o un professionista sanitario è sufficiente usare le proprie competenze e conoscenze per intraprendere il lavoro di medical writer?
No, ovviamente. Se fai una ricerca su Linkedin per le posizioni di lavoro per medical writer vedrai che si richiedono numerose e variegate competenze. A tal proposito, mi sono “divertito” a leggere questi annunci ed elencare mediamente i requisiti richiesti:
- preferibile laurea in biologia [molecolare] e/o medicina;
- esperienza di almeno 2-3 anni in primarie agenzie di comunicazione in ambito salute;
- gestione autonoma nella stesura di mezzi di comunicazione di carattere medico-scientifico rivolti ai differenti target di riferimento (medico, paziente, consumatore, informatore scientifico) e in base alla tipologia di device (sito web, canali social, newsletter, app, mezzi cartacei);
- gestione autonoma del testo in tutte le fasi del flusso di lavoro (revisioni, editing, controllo degli impaginati);
- conoscenza del pacchetto Microsoft Office (Word, Excel, Power Point);
- capacità di utilizzo dei principali database online di interesse biologico e biomedico;
- capacità di lettura e interpretazione dei risultati degli studi clinici (capacità analitica e problem solving);
- capacità di interpretare la richiesta del Cliente e proattività verso lo stesso;
- capacità di interfacciarsi con il team di lavoro;
- ottima conoscenza della lingua inglese;
- ottime doti relazionali;
- curiosità spiccata e passione per la comunicazione;
- precisione e affidabilità
… e non so quante altre cose. Chiaro che un profilo simile è estremamente difficile da trovare. Come se ciò non bastasse, una volta raggiunta la meta, mantenerla richiede performance elevatissime: bisogna stare dietro alle continue e pressanti richieste del cliente, alle scadenze ravvicinate (come quelle dei congressi per i quali va preparata una ricchissima documentazione), fornire un prodotto ottimale, preciso, aggiornato, chiaro.
È il caso di ricordare che quella del medical writer è una figura per la quale non esiste un corso di laurea o una preparazione specifica. Ci si avvicina tra corsi di laurea affini e master o corsi specifici, ma la vera formazione si fa sul campo affiancando colleghi esperti.
La pandemia da Covid-19 ha rivoluzionato – o almeno costretto a riflettere su – molti aspetti della vita di tutti noi. È successo anche in relazione al tuo lavoro? Mi spiego meglio: si può parlare di una relazione tra pandemia e medical writer in cui la prima ha in qualche maniera condizionato la seconda? Per chi lavora come medical writer si può parlare di un pre- e di un post-pandemia?
La pandemia da Covid-19 ha avuto grandi ricadute su questa figura professionale, aumentandone enormemente la richiesta. Con questo drammatico evento è cresciuta oltremodo la necessità di essere correttamente informati sui temi della salute, sia per il grande pubblico sia per gli specialisti. La gente comune vuole saperne di più, essere informata; d’altra parte, lo specialista ha bisogno costantemente di informazioni aggiornate e precise per far fronte al continuo evolversi delle conoscenze. Inoltre, l’industria farmaceutica è sempre alla ricerca di medical writer che sappiano tradurre in forma corretta gli sviluppi della ricerca e la disponibilità di nuovi approcci terapeutici.
Tiziano, il tuo blog terminologiamedica.com è un riferimento per aspiranti medical writer e per traduttori e traduttrici di testi di medicina. Dicci di più!
Ultimamente ho sviluppato uno spiccato interesse per la terminologia medica e ho aperto in proposito un blog – www.terminologiamedica.com. I maggiori fruitori sono traduttori di testi di medicina che possono trovarvi contenuti utili per la loro professione, un seguito tale che nei prossimi mesi mi dedicherò a preparare un’edizione cartacea, un manuale, con tutti i contenuti del blog e molto altro.
Verso la terminologia ho sempre nutrito una passione dovuta alla stretta relazione che ha con la lingua in generale e la lingua italiana nello specifico. Un ponte tra cultura scientifica e cultura umanistica. Ma, anche qui, questo interesse è aumentato negli ultimi anni, vedendo da una parte uno strapotere crescente dell’inglese, e dall’altra un uso scorretto della terminologia.
Ai media generalisti è stato spesso rimproverato di aver fatto cattiva informazione anzi, disinformazione, durante le fasi più concitate della pandemia da Covid-19. Qual è il tuo pensiero a riguardo?
La pandemia da Covid ha messo in luce l’enorme impreparazione dei media sui temi della salute da parte di giornalisti e comunicatori “non dedicati”. Ci è toccato sentire parlare di “siero” come sinonimo di vaccino, di “puntura”, e di altre delizie. Del resto, quante volte in un TG o sui giornali si legge che la tal persona è morta di un “brutto male” o di un “male incurabile”? Questo tipo di espressioni è molto grave anche perché trasmettono il messaggio sbagliato, per esempio che al tumore non c’è rimedio quando, invece, la ricerca e i nuovi trattamenti stanno dando risultati straordinari in termini di guarigione e remissione. Le cose vanno dunque chiamate con il loro nome, corretto, preciso, e ogni qualvolta esiste un termine italiano appropriato non si vede perché usarne uno inglese.
Alla passione per la terminologia si affianca quella letteraria: continui a coltivarla allo stesso modo di un tempo?
Sì, ricordo che mi avevi chiesto dei miei interessi letterari e ti avevo anche parlato del mio amore per Cechov. Ho scritto un volumetto, una guida alla lettura dei racconti di Cechov: “Leggere Cechov”. Ma ultimamente l’arte – intendo quella figurativa – sta quasi scavalcando nei miei interessi la letteratura. Non me occupavo più dai tempi del liceo, mi sono rimesso a studiarla e trovo che sia qualcosa di meraviglioso, un vero balsamo contro il brutto che ci circonda.
Grazie Tiziano, è sempre un piacere ospitarti su Scrivere di salute.
Tiziano Cornegliani, note biografiche
Medical writer, medical editor, redattore medico-scientifico freelance, collabora e ha collaborato con le maggiori Case editrici del settore. Insegna “Tecniche di redazione scientifica” al Master di Editoria cartacea e digitale dell’Università Cattolica di Milano.
Autore di un volume sul corpo umano pubblicato da DeAgostini Scuola/CEDAM e in adozione nelle scuole secondarie di primo grado (Evoluzione), e del Manuale di redazione medico-scientifica edito da Editrice Bibliografica (con Cristina Rigutto). Al di fuori della sua professione ha pubblicato i volumi La farmacia dei libri. Rimedi per l’anima e Leggere Cechov.
Oltre che con un’intervista, Tiziano Cornegliani è stato già mio ospite con Da 1 a 10: che valore dai al tuo dolore?