In questi giorni di fine estate traboccanti di mare, salsedine e nostalgia – e di opprimente umidità – mi preparo a riprendere il lavoro carica di buoni propositi. Il primo è continuare a studiare, a formarmi e a mettermi alla prova con nuovi progetti per crescere professionalmente e, perché no, anche umanamente.
Come ho fatto l’anno scorso quando ho seguito il Corso universitario di competenze trasversali in Medicina narrativa La parola cura, cura la parola.
L’ho seguito perché mi interessa la Medicina narrativa che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è la narrazione della malattia ma un approccio terapeutico, una postura professionale consapevole e competente che il medico dovrebbe avere verso la persona malata per aiutarla, anche umanamente, durante il percorso di cura.
La Medicina narrativa è una skill, una competenza professionale sempre più richiesta ai medici. Non sarà stato un caso se tra i frequentanti del Corso ero l’unica a non avere una formazione in Medicina e Chirurgia né in discipline affini. Ho, però, una formazione umanistica e la consapevolezza che cambiare punto di vista e indossare le vesti di chi cura può rendere più completo il mio lavoro di copywriter nel settore sanitario.
Competenze trasversali in Medicina narrativa La parola cura, cura la parola: il nome del Corso manifesta le intenzioni del percorso formativo.
Competenze, dunque abilità, capacità che si possono acquisire attraverso la preparazione e la pratica costante in ambito sia professionale che personale in settori diversi che in qualche modo si intersecano fino a fare di una specifica competenza una caratteristica propria della persona.
Qual è l’abilità che, se allenata, può migliorare o addirittura facilitare la cura? La scelta delle parole per comunicare, e la parola appartiene a tutti, ai medici e ai caregiver, innanzitutto i famigliari di una persona che attraversa un periodo di malattia. La parola è trasversale: tutti possiamo allenarci per imparare a scegliere le parole giuste, quelle più opportune.
Un aspetto che mi ha fatto appassionare al Corso è stata di certo la preparazione dell’insegnante unita alla sua capacità di stuzzicare l’interesse e catturare l’attenzione approfondendo legami inattesi tra argomenti apparentemente distanti. Credo sia un’attitudine naturale diventata abilità professionale grazie alla pratica quotidiana. Una skill ben allenata.
Ogni incontro è stato uno spunto per conoscere studi accademici, luminari della linguistica e delle neuroscienze, per esaminare il tema della cura da punti di vista e prospettive lontane, spesso opposte e inaspettate. Come quando la Prof.ssa ha usato il testo di una canzone per invitarci a scrivere la nostra lista di ingredienti per creare un personalissimo antidolorifico magnifico; oppure, quando la riscrittura di bugiardini, poesie o romanzi con la tecnica del caviardage ha rilevato sottotesti terapeutici grazie all’esercizio di noi studenti che, eliminando e ricombinando le parole, abbiamo rimaneggiato il testo originale creando un contenuto terapeutico.
Ci siamo allenati a sviluppare la competenza della scelta del linguaggio più adatto ad avvicinare empaticamente il curante e la persona da curare.
Vivere l’esperienza di un Corso universitario pensato e destinato ai medici, agli infermieri e a quanti stanno studiando per diventarlo mi ha arricchito di domande e consapevolezze. Ho tanto da imparare, tantissimo, ma ogni piccolo o grande malanno è un’occasione per migliorarmi ad aiutare, con le parole giuste, le persone che amo.